So che state cercando di immaginarvi un liquido (il latte) che tenta di stare in piedi…. Ahimè non è proprio possibile.
Però nel mio paese e nella tradizione della mia famiglia, abbiamo una ricetta che permette di farlo.
E’ una specie di gran crème caramel se vogliamo proprio dargli una somiglianza con un altro dolce internazionale. Ma il Latte in piedi è una cosa unica. Un esperienza di vita che la si può gustare solo se fatta dalle mani di un tarsognino. Io ci ho messo anni a perfezionarla cercando di farla con le stesse tradizioni e gli stessi accorgimenti che usa la mia mamma.
Scherzi a parte, penso che se vi dessi la ricetta, ovviamente, riuscireste a farla tutti. Però quello che rende unico questo dolce è la sua anima. L’anima che cerco di ritrovare ogni volta che lo preparo. Posso farlo in qualsiasi cucina del mondo, ma tanto so che mentalmente sarò proiettato nella cucina di casa mia di sera quando tipicamente con mia madre si faceva il latte in piedi (durante il giorno era impensabile visto che eravamo tutti al lavoro!).
Ci sono odori, luci, rumori, calori e sensazioni che ti vengono innestate da piccolino e che ritroverai sempre quando cucinerai. I sapori di casa. Non sono uno di quelli che confonde il tipico e la tradizione con la NON innovazione. Anzi, mi piace pensare che un piatto possa essere sempre perfezionato, ma solo dopo averlo capito e rispettato per il modo in cui lo si è sempre fatto.
Detto questo, il mio Latte in Piedi è pronto. Cotto a bagnomaria per quaranta minuti ora è li sul tavolo avvolto in un canovaccio e dentro al suo stampo in attesa di stemperarsi. Prima di metterlo nel piatto da portata bisogna fare “riprendere” il caramello che si sarà indurito. Lo si passa sopra il fuoco per farlo “smollare”… e qui si sente quel rumore di vetro che si incrina che mi ricorda sempre la cucina di casa.